Diciamocela tutta. Certe volte più che cultura, è puro masochismo. Non li guarda e non li ascolta nessuno. E loro ci godono pure. Anzi, vestono i panni vintage degli incompresi. L'ultima frontiera che resiste all'invasione dei tronisti di Maria. Quei puri che non guardano il Grande Fratello, che non hanno l'abbonamento a Sky, che il venerdì sera non vanno in disco, che non giocano a calcetto, che alle Botticelli preferiscono sempre il solito paio di Clarks, che quando vanno dal barbiere si portano il ritratto di Liszt per spiegargli come salvare la zazzera brizzolata dal vile oltraggio del rasoio. E che non riescono a spiegarsi come mai la gente non paghi venticinque euro per andarli a sentire alla sala Tal dei Tali o presso l'auditorium del Comune di Vattelappesca o nella suggestiva cornice della Chiesa dei Martiri alle Pugnette. Anzi, se lo spiegano: loro, elìte incompresa; gli assenti, ignoranti caproni devoti ai pantaloni a vita bassa. E fin qui certi romanticoni potrebbero in teoria anche essere daccordo. Almeno sino a quando l'occhio non cade sul programma di sala: elegante, in quadricromia e con la guida all'ascolto firmata dal giornalista di grido; oppure ciclostilato in proprio a guisa di volantino modello “Pellegrinaggio a Pompei”. Su quella carta v'è la storia di tanta gente. Giovani che tentano di fare sul serio il proprio lavoro ma anche tanti, troppi illustri papponi. È la rete di patrocini, contributi, finanziamenti e pubblici aiutini che consentono di andare avanti. In una parola, l'Italia. Dalla Circoscrizione sino al Ministero, ognuno versa il suo obolo. E la cultura è salva. Stangiocelle e rassegnine magari nate all'ombra dei ben più blasonati e finanziati eventi, organizzate dall'associazione “Amici del Flauto Traverso” piuttosto che “Obitorium” con la direzione artistica dell'esimio supplente professore o dell'eminente maestro che per un verso finge di far largo ai giovani, per l'altro ingrassa il portafogli. Si, lo so. Sono cattivo. Ma è poi tanto diverso da come ve la racconto? Per fortuna c'è chi se ne frega. E le cose le fa lo stesso, anche senza ringraziare il ragionier Rocco del Pistacchio, gentile amico e assessore, esportatore all'ingrosso di cozze e capitoni, che ha posato il suo occhio benevolo su amici, parenti e affini sino al centocinquesimo grado. Basta una stanza in un vecchio circolo, quattro panche per il pubblico e qualche volta si rischia anche di fare il pienone e di vedere la gente in piedi. E sono tutti giovani, mica i soliti ammuffiti segaioli. Capita anche d'incontrare qualcuno della nomenklatura. Di scoprire che quello che pensavi essere un direttore artistico, aveva un modesto contratto da attore rinnovato ogni trenta giorni in barba al bla bla bla che la trionferà. Ma oggi c'è da essere felici, forse. Perchè alla Fondazione Petruzzelli hanno deciso che entro il 2010 saranno stabilizzati 177 lavoratori fra professori d'orchestra, artisti e dipendenti vari. Ci stanno mettendo i soldi. Bene, questi almeno avranno uno straccio di contratto.
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